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mercoledì 6 dicembre 2017

E' un Paese che non sta morendo, è già morto

Ha tratto beneficio delle minacce di morte ricevute dal carcere da Totò Riina. Ha cavalcato l’onda per fare il martire”. Sono le pesantissime accuse lanciate da Vittorio Sgarbi, appena nominato assessore ai Beni Culturali in Sicilia dal neogovernatore Nello Musumeci. Il critico d’arte, intervenendo ad Agorà su Rai3, ha messo nel mirino il magistrato palermitano, condannato a morte da Totò Riina, intercettato in carcere mentre auspicava un attentato nei confronti del pm, e oggetto di un piano omicida ordinato da Matteo Messina Denaro e svelato dal pentito Vito Galatolo. “Di Matteo non è un martire, tanto è vero che Riina è morto e lui è stravivo. Quante cittadinanze onorarie ha avuto dopo le minacce? Ne hanno fatto un martire. Che bisogno c’è di raccontare al mondo quelle intercettazioni?”, ha detto Sgarbi, riferendosi alle registrazioni nel carcere di Opera in cui il capo dei capi di Cosa nostra augurava a Di Matteo di fare “la fine del tonno” come “il giudice Falcone”. “Le hanno diffuse ovunque, perché non le tengono nascoste? Non dico che le minacce le ha volute lui ma ne ha tratto beneficio”.

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Ringrazio la mia amica Stefania Petrilli che su FB quotidianamente cura le notizie  più importanti- per i suoi contatti e gruppi - riportate dai quotidiani e anche alcuni interventi nelle principali trasmissioni televisive utili, a chi come me, non segue più da tempo i salotti inutili nel corso dei quali si esibiscono i soliti ospiti di mestiere e i professionisti dell'urlo inutile.

Stamane sono rimasto letteralmente inorridito nel leggere quanto riportato in un post dalla mia amica , dell'ennesimo vomito del narcisista Vittorio Sgarbi che periodicamente ha necessità di farsi notare per ricordarci di esistere.

Il neo assessore alla cultura della Regione Sicilia, che anche questa volta durerà il tempo necessario per fare l'ennesima sparata, ha espresso il suo pensiero sul magistrato Di Matteo superscortato per le gravi minacce di morte da parte dei galantuomini della mafia che per il sig. Sgarbi non sono altro che scuse del giudice Di Matteo per recitare la parte del martire.

Parole irresponsabili e gravi che in un Paese normale sarebbero sommerse dall'indignazione dell'opinione pubblica e che invece sono un regalo agli uomini della mafia , con la complicità di chi lo invita nei salotti televisivi certi di aumentare gli ascolti grazie alle sue urla volgari e i farneticanti discorsi.

Ma è un bravo critico d'arte , dicono i soliti ipocriti innammorati dei disfattisti e demolitori di tutto e di tutti, affermazione che non c'entra un cavolo quando si pronunciano parole gravi e offensive che fanno bene soltanto ad una criminalità senza scrupoli che trova terreno fertile nei comodi parolai del sistema.

Non auguro – sono cosciente di mentire - nè a lui nè ai suoi fans di trovarsi neanche per un attimo nelle condizioni di pericolo del giudice Di Matteo e di quanti sono preposti alla sua protezione.

Di Matteo non è un martire, tanto è vero che Riina è morto e lui è stravivo “

Quando si pronunciano parole come queste e non si avverte nella gente un moto di ribellione, di nausea, di schifo, allora ogni discorso sulla democrazia, sul senso dello Stato, sul rispetto dei veri servitori dello Stato al servizio della verità, non ha più senso, è un Paese che non sta morendo, è già morto.



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