“Ha
tratto beneficio delle minacce di morte ricevute dal carcere da Totò
Riina. Ha cavalcato l’onda per fare il martire”. Sono le
pesantissime accuse lanciate da Vittorio Sgarbi, appena nominato
assessore ai Beni Culturali in Sicilia dal neogovernatore Nello
Musumeci. Il critico d’arte, intervenendo ad Agorà su Rai3, ha
messo nel mirino il magistrato palermitano, condannato a morte da
Totò Riina, intercettato in carcere mentre auspicava un attentato
nei confronti del pm, e oggetto di un piano omicida ordinato da
Matteo Messina Denaro e svelato dal pentito Vito Galatolo. “Di
Matteo non è un martire, tanto è vero che Riina è morto e lui è
stravivo. Quante cittadinanze onorarie ha avuto dopo le minacce? Ne
hanno fatto un martire. Che bisogno c’è di raccontare al mondo
quelle intercettazioni?”, ha detto Sgarbi, riferendosi alle
registrazioni nel carcere di Opera in cui il capo dei capi di Cosa
nostra augurava a Di Matteo di fare “la fine del tonno” come “il
giudice Falcone”. “Le hanno diffuse ovunque, perché non le
tengono nascoste? Non dico che le minacce le ha volute lui ma ne ha
tratto beneficio”.
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Ringrazio
la mia amica Stefania Petrilli che su FB quotidianamente cura le
notizie più importanti- per i suoi contatti e gruppi - riportate dai quotidiani e
anche alcuni interventi nelle principali trasmissioni televisive
utili, a chi come me, non segue più da tempo i salotti inutili nel
corso dei quali si esibiscono i soliti ospiti di mestiere e
i professionisti dell'urlo inutile.
Stamane
sono rimasto letteralmente inorridito nel leggere quanto riportato
in
un post
dalla
mia amica ,
dell'ennesimo vomito del narcisista Vittorio Sgarbi che
periodicamente ha necessità di farsi notare per ricordarci di
esistere.
Il
neo assessore alla cultura della Regione Sicilia, che anche questa
volta durerà il tempo necessario per fare l'ennesima sparata, ha
espresso il suo pensiero sul magistrato Di Matteo superscortato per
le gravi minacce di morte da parte dei galantuomini della mafia che
per il sig. Sgarbi non sono altro che scuse del giudice Di Matteo per
recitare la parte del martire.
Parole
irresponsabili e gravi che in un Paese normale sarebbero sommerse
dall'indignazione dell'opinione pubblica e che invece sono un regalo
agli uomini della mafia , con la complicità di chi lo invita nei
salotti televisivi certi di aumentare gli ascolti grazie alle sue
urla volgari e i farneticanti discorsi.
Ma
è un bravo critico d'arte ,
dicono i soliti ipocriti innammorati dei disfattisti e demolitori di
tutto e di tutti, affermazione
che non c'entra un cavolo quando si pronunciano parole gravi e
offensive che fanno bene soltanto ad una criminalità senza scrupoli
che trova terreno fertile nei comodi parolai del sistema.
Non
auguro – sono
cosciente di mentire
- nè a lui nè ai suoi fans di trovarsi neanche per un attimo nelle
condizioni di pericolo del giudice Di Matteo e di quanti sono
preposti alla sua protezione.
“Di
Matteo non è un martire, tanto è vero che Riina è morto e lui è
stravivo “
Quando
si pronunciano parole come queste e non si avverte nella gente un
moto di ribellione, di nausea, di schifo, allora ogni discorso sulla
democrazia, sul senso dello Stato, sul rispetto dei veri servitori
dello Stato al servizio della verità, non ha più senso, è un Paese
che non sta morendo, è
già morto.
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